CENNI DI STORIA DELLA TUSCIA dagli Etruschi ai Farnese
La Tuscia è il territorio che comprende le zone estreme e confinanti del sud della Toscana, del nord del Lazio e dell'ovest dell'Umbria. Dopo il periodo romano, l'Italia divenne terra di conquista ed in particolare la Tuscia fu a lungo contesa fra Papi, Imperatori Tedeschi e Re di Francia. Le principali città coinvolte furono Viterbo ed Orvieto, spesso in lotta fra loro. La rocca di Montefiascone, per la sua posizione dominante e difendibile, fu costantemente il quartiere generale degli eserciti che, secondo le alterne vicende, appartenevano alla Chiesa, o agl'invasori. La Tuscia è un territorio d'origine vulcanica. Con il tufo e sopra il tufo sono stati costruiti quasi tutti i suoi centri storici: Pitigliano, Sovana, Tuscania, Orvieto, Civita di Bagnoregio, ecc. luoghi che costituiscono un grande patrimonio culturale, che hanno conservato integre le antiche strutture medioevali in perfetta armonia con l'ambiente. Siamo nella "Civiltà del Tufo".
IL VULCANO (da 2 milioni di anni fa) Due milioni d'anni fa, l'Italia Centrale, che prima di allora era coperta dal mare, cominciò ad emergere per effetto di sollevamenti tettonici. Nella nostra regione, circa 600.000 anni fa, i sedimenti marini, ormai completamente emersi, furono squarciati da oltre cento crateri, dai quali fuoriuscì con violenza un enorme quantitativo di materiale magmatico, che coprì vaste zone fra i fiumi Paglia, Tevere e Fiora. L'attività di quest'apparato vulcanico, detto Vulsino, fu prevalentemente esplosiva, ossia caratterizzata da poca lava e da una grande emissione di ceneri e lapilli. La fuoriuscita di materiali vulcanici dai crateri, erose la sottostante camera magmatica la quale, a causa del peso dei materiali accumulatosi in superficie crollò, formando una conca, detta caldera. Questa, riempitasi d'acqua piovana, originò il lago di Bolsena. Altri laghi d'origine vulcanica, presenti nella Tuscia sono Vico, Mezzano e Monterosi. Più a sud, in Provincia di Roma, si formarono in modo simile altri quattro laghi d'origine vulcanica: Mantignano, Bracciano, Nemi e Albano. Più a nord, in Toscana, l'attività vulcanica si sviluppò intorno al monte Amiata. Le terme di Saturnia, le rupi tufacee di Pitigliano, Sovana, ecc. sono alcune testimonianze della sua antica attività. L'altezza dei crateri vulcanici attorno al lago di Bolsena fu modesta, appunto per la scarsità di lava che scendeva lungo le loro pendici, mentre le ceneri, lanciate a grande distanza, raggiunsero uno spessore di alcune diecine di metri. Le ceneri si consolidarono nel corso di millenni e formarono il tufo, ossia quella roccia tenera con la quale, fin dai tempi più remoti, sono stati costruiti tutti gli insediamenti umani in queste aree. Altre rocce vulcaniche, più consistenti, sono il peperino, il nenfro e il basalto, altre invece sono porose, come la pomice ed i lapilli. Sopra lo spesso strato di tufo depositato sull'originario fondale marino, si elevano e sono ancora ben visibili numerosi crateri, come ad esempio Montefiascone, Capodimonte e le isole. Notevoli inoltre le colline di lapilli, come quelle di Valentano e Monte Calvo (estremo cratere ad ovest dell'apparato). Diminuita l'attività vulcanica, il territorio si coprì di vegetali e con questi arrivarono gli animali erbivori (fra i quali gli elefanti, come prova una zanna ora conservata nel museo di Valentano), poi i carnivori ed infine l'uomo.
L'EROSIONE DELL'ACQUA PIOVANA (da 600.000 anni fa) L'acqua piovana modellò il territorio, costituito da tenero tufo. I fiumi erosero lentamente, ma profondamente, le loro sedi, dando luogo ad ampie vallate e profonde gole, chiamate con qualche esagerazione "orridi". Per questo motivo il nostro territorio è stato definito, "terra di orridi e di laghi". I fiumi, come li vediamo oggi, ad esempio l'Olpeta, il Lente ed il Fiora, sono rigagnoli insignificanti rispetto alla larghezza e profondità delle gole in cui scorrono, segno evidente che, nel corso delle centinaia di migliaia di anni precedenti, la portata dei fiumi era molto più importante e tumultuosa. Non abbiamo riferimenti sufficientemente lontani nel tempo, ma se consideriamo eventi relativamente recenti, e assimiliamo il lago di Bolsena ad un enorme pluviometro, costatiamo, da certi segni di erosione, che 13.000 anni fa (epoca cui taluni fanno risalire il biblico diluvio universale) il livello era più alto di quello attuale di una quindicina di metri, segno questo che le piogge erano molto più intense ed i fiumi più irruenti. I rilievi lavici, assieme alle profonde gole scavate dai fiumi, hanno conferito al territorio una particolare morfologia che ha determinato fin da tempi antichissimi l'ubicazione di gran parte degli attuali centri abitati. Infatti, gli insediamenti erano scelti in vicinanza di terreni fertili, provvisti di acqua e facilmente difendibili. Per questo ultimo fine, erano preferite le zone sovrastanti le gole tufacee, a forma di prua di nave, che si trovavano alla confluenza di due fiumi. Gli esempi sono numerosi: Pitigliano, Sorano. Farnese, Ischia di Castro, Orvieto, la distrutta Città di Castro, ecc. Anche i coni vulcanici furono utilizzati a scopo difensivo, come Montefiascone, Valentano, Capodimonte e tanti altri. Con il passare dei secoli le esigenze di difesa continuarono invariate, per cui i centri abitati sono rimasti negli stessi luoghi che furono scelti dalle antiche popolazioni e, se per qualche ragione, andarono distrutti, furono ricostruiti dov'erano per ricuperare i materiali delle vecchie costruzioni. Sostanzialmente i centri abitati sono rimasti integri, conservando la loro antica struttura medioevale. Per quanto riguarda gli aspetti naturalistici, molte delle antiche foreste sono state abbattute per dare spazio all'agricoltura. Restano però alcuni notevoli esempi di boschi: i monti Cimini, i Monti di Castro, Monte Rufeno, e la Selva del Lamone, caratteristica quest'ultima per l'enorme quantità di pietre vulcaniche che ne rende difficile l'accesso.
GLI ETRUSCHI (dal X al III sec. a.C.) Gli Etruschi erano un popolo di etnia orientale, forse proveniente dalla Lidia, che a partire dal X secolo si stabilì nell'Italia centrale, fra il mare Tirreno ed fiumi Arno e Tevere. Successivamente si stabilirono anche a nord ed a sud dei suddetti fiumi. Gli Etruschi ebbero il sopravvento sulle meno evolute popolazioni autoctone, con le quali finirono per integrarsi. Eccellevano nella lavorazione dei metalli, nelle armi, nelle arti, nella navigazione, nell'ingegneria idraulica e in quella delle costruzioni. Erano organizzati in gruppi di 12 città, quelle dell'Italia centrale furono Arezzo, Cerveteri, Chiusi, Cortona, Prugia, Populonia, Tarquinia, Veio, Vetulonia, Volsinii, Volterra, Vulci, ciascuna retta da un Lucumone. Questi si riunivano una volta all'anno in un tempio Fanum Voltumne, nei pressi del lago di Bolsena. La più antica delle città da loro fondata fu probabilmente Tarquinia nel VIII secolo a.C. Raggiunsero il loro massimo sviluppo nel VI secolo, poi iniziò la loro lenta decadenza e, attorno al III secolo a.C. furono sottomessi ed assorbiti dai Romani, loro tenaci antagonisti. Gli Etruschi sono considerati un "mistero" perché non si è trovato alcun documento originale che consenta di ricostruire con precisione le loro origini e la loro storia. Le iscrizioni scolpite sulle tombe sono appena sufficienti per comprendere il loro alfabeto. Le notizie storiche disponibili sono assai dubbie perché riferite da storici Romani, dopo che erano trascorsi alcuni secoli dagli accadimenti. Non sono state ritrovate città etrusche, tutte distrutte e riadattate dalle popolazioni successive, in compenso sono rimaste innumerevoli necropoli, scavate nel tufo, le cui tombe riproducono frequentemente gli ambienti in cui vissero i defunti. Al loro interno erano lasciati oggetti personali, anche preziosi, per consentire la continuazione della vita dopo la morte, in base alle loro credenze religiose. Gran parte di questi oggetti sono andati distrutti o sono stati rubati nel corso dei millenni, ma un'infinità di altri si trovano custoditi in grandi e piccoli musei. Il loro esame ha consentito agli archeologi di ricostruire la storia e il genere di vita degli Etruschi. Molto utili per questo fine sono i vasi dipinti e gli affreschi delle tombe, le cui illustrazioni offrono più notizie di un testo scritto. Il benessere degli Etruschi, la loro spiritualità e superiorità verso le cose terrene traspaiono dall'ironico sorriso che illumina i loro volti. Nel nostro territorio le necropoli più importanti si trovano a Norchia, Tarquinia, Tuscania, Cerveteri e Vulci. Molte altre, di minori dimensioni, ma di grande interesse, si trovano in centri minori, come ad esempio a Sovana. Sul promontorio vulcanico ad ovest di Capodimonte sorgeva un'importante città etrusca, Bisenzo, come attestano le numerose tombe, ormai distrutte, nella sottostante vallata. Sul monte è ancora visibile un'interessante tomba a colombario di età etrusco romana. Il più importante museo etrusco è Villa Giulia a Roma. Altri musei, nella nostra zona, si trovano a Vulci, Viterbo, Tarquinia, Tuscania, ed anche in piccoli centri come Ischia di Castro, Bolsena, ecc. Gli etruschi erano soliti scavare "vie cave" o "tagliate", ossia delle strade profondamente scavate nel tufo, probabilmente al fine e renderle adatte al transito dei loro carri, eliminando le eccessive pendenze Di queste "tagliate" si trovano numerosi esempi nella zone di Pitigliano, Ansedonia, e Castro.
I ROMANI (753 a.C. – 476 d.C.) E' notevole come Roma, originariamente piccola città, come tante altre nel quadro europeo, sia riuscita a conquistare in poco tempo tutto il mondo allora conosciuto, benché circondata da popoli potenti: a nord gli Etruschi ed i Galli, a sud i Greci della Magna Grecia ed i Cartaginesi. Con l'espansione verso nord dei Romani, le città etrusche caddero una ad una. Prima Cerveteri poi Tarquinia, nel 309 a.C. Nel 264 a.C. i Romani conquistarono la città etrusca Velzna, dove attualmente si trova Orvieto. La popolazione fu trasferita in luogo meno difendibile, poco distante da dove ora si trova Bolsena. I Romani s'impossessarono delle immense ricchezze di Velzna. Plinio riferisce che ne trassero 2000 statue d'oro, argento e bronzo per ornare il Campidoglio ma, pochi decenni dopo, queste furono fuse per coniare le monete necessarie per finanziare la seconda guerra contro Cartagine. Le vaste pianure lungo il Tirreno si coprirono di azzurri fiori di lino: la stoffa doveva servire per fabbricare le vele per le centinaia di navi che i Romani preparavano in gran fretta contro Cartagine. Durante il pieno sviluppo dell'Impero Romano, si diffuse il Cristianesimo. Per tentare di sfuggire alle crudeli persecuzioni i cristiani si riunivano segretamente in catacombe: fra queste, una si trova a Bolsena. Sotto Diocleziano, attorno al 300, fu martirizzata a Bolsena la giovane Cristina, poi santificata e fatta Patrona della città. E' festeggiata ogni anno il 24 Luglio con interessanti scene viventi che rievocano i supplizi cui fu sottoposta. Nel 313 l'Imperatore Costantino si convertì al cristianesimo, che assunse come religione di stato. Alla Chiesa affluirono doni, beni, eredità e, nel giro di pochi anni, la Chiesa divenne anche una potenza economica. Al Vescovo di Roma fu riconosciuta una posizione prevalente quale legittimo successore dell'apostolo Pietro, morto martirizzato a Roma. Nel 395 l'Impero Romano si scisse in Impero Romano di Oriente, di matrice greca, con capitale Costantinopoli (ex Bisanzio), ed Impero Romano di Occidente, con capitale Roma. Quest'ultimo cessò di esistere nel 476, quando l'ultimo imperatore, Romolo Augustolo, fu deposto da Odoacre, capo delle milizie barbare. Con l'insediamento di Odoacre inizia "l'alto medioevo", ossia quel periodo storico che va fino all'anno 1200. La funzione di Roma quale "centro del mondo" anziché subire un arresto con la caduta dell'Impero d'Occidente, continuò a rafforzarsi per la presenza del Papa e dell'immenso potere esercitato dalla Chiesa nel mondo. Nella Tuscia e nelle sue vicinanze, i monumenti di origine Romana, in buon stato di conservazione, sono pochi: i più interessanti sono gli anfiteatri di Sutri e di Ferento, tuttora usati per rappresentazioni teatrali e concerti, le città di Cosa e Vulsinii.
I GOTI (489-553) A migliaia di chilometri verso oriente, un'altra evoluta capitale del mondo, Pechino, aveva chiuso il suo impero con la Grande Muraglia. Fra i confini dell'Impero Romano, difesi dai "limes" (linee fortificate), e la muraglia cinese, si trovavano i "barbari" ossia un magma di popolazioni nomadi, Visigoti, Ostrogoti, Vandali, Longobardi, Ungari, Avari, Unni, Mongoli, Sciti ecc. che anelando a nuovi spazi ed avventure, riuscivano spesso a straripare nei due imperi. La loro meta preferita era Roma. Nel 489-93, i Goti, invasero l'Italia, superando la resistenza di Odoacre, che fu ucciso. Teodorico, loro re, fondò un regno con Ravenna capitale. Tenne per se l'amministrazione militare, lasciò ai romani quella civile e tollerò il Cristianesimo anche se il suo popolo praticava la religione di Ario. Alla sua morte gli successe Atalarico, minorenne, con la reggenza di sua madre Amalasunta. Il giovane Atalarico morì poco dopo ed Amalasunta divenne Regina dei Goti nel 535. Alla morte di Atalarico, Teodato, cugino di Amalasunta, riteneva di aver maggiori titoli per ereditare il trono. La controversia si concluse con il loro matrimonio, ma poco dopo Teodato imprigionò Amalasunta nell'isola Martana nel lago di Bolsena, dove la fece uccidere. Fu così che Teodato divenne Re dei Goti. Prima del matrimonio, Amalasunta, temendo Teodato, aveva chiesto l'aiuto di Giustiniano, Imperatore d'Oriente, il quale, se pure troppo tardi, inviò il suo esercito greco, che pose fine al regno dei Goti nel 553. Sotto Giustiniano, gli Imperi di Occidente e di Oriente tornarono ad essere unificati ed il mare Mediterraneo tornò ad essere Mare Nostrum. I "barbari", essendo da sempre sprovvisti di flotta, furono ricacciati verso l'interno. Ben presto però Arabi e Longobardi mostrarono quanto fragile fosse la riunificazione dell'Impero.
I LONGOBARDI (568-773) I Longobardi, anch'essi di origine germanica, scesero in Italia nel 568 e ne occuparono il nord, e parte del centro, incluso Viterbo. Per capitale scelsero Pavia. I Greci dovettero ripiegare di fronte alla cavalcata vittoriosa dei Longobardi, ma riuscirono a salvare dall'aggressione la Pentapoli, ossia una striscia di territorio fortificato, da Ravenna a Roma, che tagliava in due parti l'Italia. A sud della Pentapoli gli invasori occuparono Spoleto e Benevento. I territori occupati furono divisi in Ducati, più o meno indipendenti. Nel 590 divenne pontefice Gregorio I che consolidò solennemente il primato del Vescovo di Roma quale sommo giudice nelle questioni religiose, dogmatiche e disciplinari. Fu un'esplicita affermazione di autorità e non più un riconoscimento onorifico come in passato. Si consolidò così, a livello europeo, attraverso i vescovi, una grande organizzazione gerarchica alle dipendenze della Chiesa di Roma.. Molti regni "barbarici" professavano ancora la religione di Ario ed altre divinità pagane, ma alla loro sistematica conversione operarono falangi di missionari, centri monastici ed abbazie. Fra i primi convertiti vi furono i Longobardi. Il loro Re Autari sposò la cattolica Teodolinda, e fu la Regina stessa, assieme al Pontefice, a favorire l'opera di conversione. Ad Autari successe Liutprando, anche lui convertito al Cristianesimo. Nel 728 donò ai "beatissimi apostoli Pietro e Paolo", ossia alla Chiesa, i borghi di Sutri e Nepi, a sud di Viterbo. Questa elargizione, aggiunta alle ricchezze accumulate dall'epoca di Costantino, costituì l'origine del "patrimonio di Pietro" i cui redditi, in quei tempi, erano utilizzati per fini strettamente caritatevoli. Se pure senza un chiaro disegno di fare della Chiesa uno stato, nasce in quel periodo il lento processo storico che assicurerà al papato l'indipendenza territoriale. Costantinopoli, dovendo arginare Arabi e Persiani che premevano sui confini in oriente, non era più in grado di difendere efficacemente la Pentapoli. I Longobardi ne approfittarono e conquistarono Ravenna, minacciando la stessa Roma. I Papi, desiderando liberarsi, sia dalla debole tutela di Costantinopoli, sia dalla pressione dei Longobardi, chiesero aiuto ai Franchi che, scesi in Italia, sconfissero Desiderio, ultimo re dei Longobardi, terminandone il regno nel 773. Molti longobardi rimasero in Italia, in particolare a Como, dove si sviluppo la scuola dei maestri "comacini" (scultori, architetti, muratori e scalpellini), che contribuirono allo sviluppo di una tradizione architettonica, confluita poi nello stile romanico. Gli esempi di stile romanico nella Tuscia sono numerosissimi: il ciborio nel duomo di Sovana, San Flaviano a Montefiascone, le chiese di San Pietro e Santa Maria a Tuscania, la cripta del duomo di Acquapendente. In quei tempi nacque e si diffuse il monachesimo, con regole rigide che prescrivevano preghiera, lavoro intellettuale e lavoro manuale. Accanto al monachesimo si diffuse nella Tuscia l'eremitismo. Gli eremiti vivevano di elemosina in grotte solitarie, lontane dai centri abitati. Alcuni eremi si trovano sulle rupi che fiancheggiano i fiumi Fiora e Olpeta, di particolare interesse è l'eremo di Poggio Conte, presso ponte San Pietro.
L'ISLAM ( dal 632) A partire dal 632, anno della morte di Maometto, iniziò a diffondersi nell'area mediterranea la religione islamica. Gli Arabi conquistarono l'Anatolia, la Sicilia, il nord Africa, attraversarono lo stretto di Gibilterra, e conquistarono il sud della Spagna. Cordoba e la sua moschea diventarono il cuore del mondo arabo. Il Mare Nostrum divenne un lago arabo. Questi nuovi invasori dell'Europa furono avversari del Cristianesimo e della civiltà romana, senza alcuna possibilità di mediazione. Dalla Spagna oltrepassarono i Pirenei con l'intenzione d'invadere il regno dei Franchi e l'Europa. Regnava sui Franchi l'inetta dinastia dei Merovingi, ma l'effettivo potere era detenuto dal grande vassallo Carlo Martello, il quale sconfisse e fermò gli arabi nel 732 a Poitiers. Nei secoli successivi la Tuscia fu oggetto di ripetute invasioni e saccheggi da parte dei pirati Saraceni, che si erano insediati nella Sardegna e nella Corsica. La popolazione, per sfuggire alle ruberie, alla morte ed alla schiavitù, costruì lungo le coste una rete di torri di segnalazione, i cui resti sono ancora visibili. Una volta i saraceni sbarcarono ad Ostia e saccheggiarono le basiliche di S. Pietro e Paolo. Nel 964 rasero al suolo Vulci. Gli abitanti lungo la costa della Tuscia si videro costretti ad abbandonare i loro villaggi per rifugiarsi su un colle sovrastante, dove fondarono Montalto. Gli abitanti di Marta e Capodimonte si rifugiarono più volte sulle due isole del lago di Bolsena.
CRESCITA DELLO STATO DELLA CHIESA (773 - 786) Per ottenere aiuto contro i Longobardi, il Papa, si era rivolto a Pipino il Breve, figlio di Carlo Martello. Una delegazione francese venne a Roma per chiedere lumi su chi dovesse regnare sui Franchi. Papa Zaccaria rispose: "è' meglio che abbia il nome di Re chi ha l'effettivo potere, piuttosto di chi, avendone il nome, più non esercita tale potere". Fu la fine della dinastia dei Merovingi e l'inizio di quella dei Carolingi. Pipino il Breve divenne il più fido alleato della Chiesa. Riconoscente, liberò la Pentapoli, dai Longobardi, ed invece di restituirla all'Impero Romano d'Oriente, la donò alla Chiesa. Pipino il Breve morì nel 768, gli successe il figlio Carlo Magno che, come si è detto, scese in Italia, sconfisse Desiderio e pose definitivamente fine al regno dei Longobardi nel 773. Carlo Magno soppresse i ducati longobardi e li sostituì con contee e marchesati, instaurando il feudalesimo. Nel 786 Carlo Magno distaccò dalla Tuscia Longobardorum (che allora comprendeva anche gran parte dell'attuale Toscana) Viterbo, Orvieto, Sovana, Marta, Montefiascone, Tuscania e Bagnoregio e li cedette al pontefice. Il territorio ceduto prese il nome di Tuscia Romanorum. Attualmente alla Provincia di Viterbo è rimasto il nome di Tuscia, mentre più a nord lo stesso nome si è successivamente trasformato in Toscana.
IL SACRO ROMANO IMPERO DEI CAROLINGI (800-888) Il regno dei Franchi, che comprendeva buona parte della Francia e della Germania attuali, era la più grande potenza militare di quei tempi. Nel regno dei Franchi, e ben oltre il loro regno, la Chiesa disponeva di un'organizzazione gerarchica capillare, costituita da diocesi vescovili, parrocchie, monasteri e abbazie. Ogni parrocchia, dall'Atlantico all'Est Europeo, dall'Irlanda alla Sicilia aveva almeno una chiesa parrocchiale, affidata ad un curato, che assolveva, fra l'altro, la funzione di rigida guida spirituale e politica su diecine di milioni di credenti. L'alleanza fra monarchia e pontificato diede vita al più grande progetto imperiale del Medio Evo. Il giorno di Natale dell'800 Papa Leone III incoronò Carlo Magno Imperatore del Sacro Romano Impero, equiparandolo in tal modo all'altro Imperatore Cristiano di Costantinopoli. Carlo Magno fu l'effettivo capo temporale della Chiesa, infatti, rivolto al Papa scrisse "la nostra funzione è di difendere la Chiesa di Cristo in ogni luogo, la tua è di alzare le mani al cielo contribuendo alle nostre lotte con le tue preghiere per riportare ovunque la vittoria" Nell'anno 814 Carlo Magno morì, gli succedette il figlio Ludovico, soprannominato il "buono" sotto il quale I feudatari si presero una maggiore indipendenza: Carlo Magno li aveva ridotti all'obbedienza, Ludovico non ne fu capace. Tre anni dopo l'Impero fu spartito fra i figli di Ludovico, moltiplicando spartizioni, conflitti e rivalità. L'impero entrò allora in grave crisi, finché la dinastia dei Carolingi si spense nell'anno 888.
L'IMPERO SOTTO LA DINASTIA DI SASSONIA (962-1014) Dopo la fine della dinastia dei Carolingi, l'Impero si frazionò, dando origine nell'Europa centrale ad uno stato francese ed uno tedesco, spesso in competizione fra loro per impossessarsi dell'Italia, che continuava ad essere un'ambita terra di conquista. I papi si avvalsero di questa rivalità per sollecitare aiuto dai francesi contro i tedeschi e viceversa, secondo le mutevoli circostanze. Nel 962, Papa Giovanni XII chiamò a Roma il Tedesco Ottone di Sassonia e lo incoronò Imperatore del Sacro Romano Impero, ormai ridotto alla sola parte tedesca. Con i Sassoni l'intera gerarchia ecclesiastica subì un'ulteriore posizione di vassallaggio in quanto fu stabilito il controllo imperiale nelle elezioni papali, con diritto di revoca. Chiesa e Impero furono uniti, a tutto vantaggio dell'Impero che, per mantenersi in vita, si appoggiava sulla gerarchia ecclesiastica, e questa, a sua volta, sulle diecine di milioni di credenti. Dei 93 vescovadi e abbazie d'Italia e Germania, Ottone ne fece altrettante contee, ove i vescovi divennero signori feudali con il titolo di visconti, ossia vescovi - conti. Durante i Sassoni il papato precipitò a livelli morali bassissimi, essendo in mano a due fazioni, quella imperiale e quella dell'aristocrazia romana. Fu ampiamente praticata la simonia, il concubinato e la corruzione. Un papa fu soffocato con un cuscino, un altro fu eletto a meno di 20 anni di età, a volte si ebbero tre papi che si scomunicavano reciprocamente. Si diffuse anche l'improbabile storia di una papessa. L'imperatore impose allora una sequenza di papi tedeschi, che però, in parte, furono scacciati dai nobili romani. La dinastia di Sassonia cessò nell'anno 1014. Nel 1054 avvenne lo scisma di oriente. Il Patriarca di Costantinopoli si separò dalla Chiesa di Roma, dando origine alla Chiesa Ortodossa o Greca.
L'IMPERO SOTTO LA DINASTIA FRANCONIA (Lotta per le investiture, 1073-1122) Alla dinastia dei Sassoni succedette quella di Franconia. Le lotte fra Chiesa ed Imperatori in merito alle investiture divennero vivaci. Papi e sovrani era concordi nell'affermare che il potere regale era una concessione divina. Mentre i sovrani ritenevano di essere tali per diretta volontà di Dio, i papi pretendevano che, in quanto rappresentanti di Dio in terra, spettasse loro la nomina dei sovrani. Nel sistema feudale l'investitura era la cerimonia con cui il sovrano dava al vassallo il possesso del feudo consegnandogli la spada, quale simbolo del potere temporale, ma in periodi successivi i sovrani consegnavano anche il pastorale, simbolo del potere divino, assumendosi il diritto di nominare i vescovi - conti. Nel 1073 per acclamazione popolare e volontà dei cardinali, divenne papa Ildebrando, nato a Soana, in Toscana (ora Sovana), che assunse il nome di Gregorio VII. Umile, ma tenace e coraggioso, era persuaso di avere la propria autorità dal Cristo e se ne servì per moralizzare la Chiesa e riaffermarne i diritti nei confronti dei sovrani. Con grande audacia emanò il dictatus papae, in cui si disponeva, fra l'altro che: - soltanto il pontefice Romano può essere chiamato universale - il papa è il solo uomo cui tutti i sovrani baciano i piedi – al papa è lecito deporre gli imperatori – nessuno può condannare una decisione del seggio apostolico – la chiesa romana non ha mai errato e mai potrà errare – chi non è con la chiesa romana non può essere considerato cattolico – il papa può sciogliere il giuramento di fedeltà prestato a ingiusti – la dignità sacerdotale è superiore alla dignità regia. Gli imperatori disponevano quale efficace mezzo di pressione l'invasione dello Stato della Chiesa, mentre il papa li fulminava con la scomunica. A questa gli imperatori rispondevano con l'elezione di altri papi, a loro asserviti. L'Imperatore Enrico IV di Franconia contestò Gregorio VII affermando che il potere regale era concesso direttamente da Dio e non poteva dipendere da un uomo, anche se papa. Riunì i vescovi tedeschi e fece deporre Gregorio VII. A sua volta Gregorio VII lo scomunicò. Molti vescovi tedeschi si pentirono del proprio operato e finirono per dissociarsi dall'imperatore. Considerata l'avversa situazione, poco prima del Natale 1076, Enrico IV scese in Italia, a Canossa, dove, a piedi nudi, in veste di penitente, supplicò il papa di perdonarlo. Dopo avergli negato il perdono per tre giorni, il Papa finì per concederglielo in cambio di un giuramento di fedeltà. Il problema rimase irrisolto perché seguirono altre contestazioni, deposizioni e scomuniche. Enrico IV, conquistò Roma nel 1084, fece eleggere un antipapa mentre Gregorio, si chiuse in Castel Sant'Angelo. Fu liberato dai Normanni, insediati nell'Italia meridionale. Morì a Salerno l'anno successivo. Neppure Enrico IV ne uscì vittorioso, fu deposto dai suoi feudatari e morì in miseria nel 1106. Nel 1122, con il concordato di Worms cessò la lotta per le investiture con un compromesso: Enrico V di Franconia riconobbe alla Chiesa il diritto di nominare i propri prelati. La dinastia di Franconia cessò nel 1125.
I COMUNI (sec. XII) Mentre i papi e gli imperatori si contendevano il diritto di concedere feudi, le varie popolazioni, fino ad allora trasmesse da un feudatario all'altro come animali, si resero conto della propria forza ed iniziarono a organizzarsi in Comuni. Ai feudatari nominati dal papa o dall'imperatore sostituirono magistrati eletti dal popolo. Non potendo contenere il desidero di libertà e nel tentativo di volgerlo a proprio vantaggio, Chiesa ed Impero fecero a gara nel concedere franchigie ai Comuni per ottenere in cambio l'aiuto delle loro milizie. I partigiani dell'imperatore ebbero il nome di "ghibellini" e quelli del papa "guelfi". La rivoluzione dei comuni fu un momento esaltante: con le loro delibere consiliari, ordinanze, ecc. crearono il nuovo diritto italico, una nuova arte e la lingua italiana. I comuni riconoscevano al pontefice la sola autorità spirituale, senza accettare interferenze civili. Nella Tuscia i primi comuni che inalberarono il vessillo della ribellione contro l'autorità pontificia furono Viterbo, Orvieto, Tuscania e Castro. I piccoli centri, per non rimanere isolati, si allearono con i comuni maggiori, promettendo loro di corrispondere un canone annuo e di far guerra o pace a loro comando. La formula di alleanza era: semplice "sarai amico dei miei amici e nemico dei miei nemici". Le varie promesse erano giurate sui Santi Vangeli. I comuni avevano la passione irresistibile di allargare il proprio confine. Seguirono guerre e patteggiamenti fra comuni per cui i castelli delle nostre regioni passarono e ripassarono per oltre un secolo da una parte all'altra. Castro e Sovana dovette lottare contro Siena per il possesso della Maremma, Orvieto contro Viterbo per il possesso della valle del Lago di Bolsena, Tuscania contro Viterbo sempre per il possesso della Val di Lago Viterbo contro Roma per tradizionale inimicizia. Molte fasi della lotta fra papato e imperatore ebbero per teatro Viterbo e Orvieto, le quali, ora favorite dal papa, ora carezzate dall'Imperatore, dovettero necessariamente parteggiare per l'uno o l'altro dei contendenti.
L'IMPERO SOTTO GLI HOHENSTAUFEN (1125-1218) A dinastia di Franconia succedette quella degli Hohenstaufen. Le contestazioni contro la Chiesa furono continuate dagli imperatori Federico I detto Barbarossa e da suo nipote Federico II. Federico Barbarossa effettuò quattro spedizioni in Italia contro il papa ed i comuni guelfi. Nel 1164 concesse a Viterbo, allora ghibellina, il permesso d'inalberare nel suo stemma l'aquila bicipite che rappresentava l'Impero. I viterbesi si asservirono al Barbarossa, se non altro per combattere gli odiati romani. Nel 1167 le milizie viterbesi seguirono quelle imperiali ed assalirono Roma, da dove portarono in segno di vittoria le porte di bronzo che avevano scardinato dalla Basilica di S. Pietro. Viterbo fu sede dei due antipapi creati dal Barbarossa. Questi seguirono le sorti dell'Imperatore, finché questo fu sconfitto in Lombardia da una lega di comuni guelfi. Viterbo venne a sua volta sconfitta e posta sotto il controllo della Chiesa: dovette quindi restituire le porte rubate. Federico Barbarossa morì annegato nel 1189. Federico II, Re di Napoli e di Sicilia, era di padre tedesco e di madre siciliana. Fu incoronato imperatore nel 1220, seguì la politica del nonno Barbarossa. Mediante trattative con i musulmani si fece restituire Gerusalemme, della quale si fece nominare re. Entrato in discordia con papa Gregorio IX, fu scomunicato. Si spinse fino a Roma, occupò la rocca di Montefiascone. Fu ben accolto dai ghibellini Viterbesi, ma poi prevalse il partito guelfo, trascinato da un cardinale e da una giovane donna di nome Rosa (poi divenuta Santa Rosa, patrona di Viterbo). I guelfi sconfissero Federico e lo scacciarono dalla città. Fu scomunicato da papa Innocenzo IV, ne seguì una guerra civile in Germania che si concluse con la sua destituzione, "spogliato da Dio di tutti i suoi onori e dignità". Nel 1218 l'Impero passò alla dinastia degli Asburgo. Federico II rimase Re della Sicilia. La sua corte di Palermo, sotto l'influsso della cultura araba, fu al centro delle lettere, delle arti e della scienza. Scrisse in latino un trattato sulla falconeria, fondò l'Università di Napoli, fece costruire numerosi edifici, fra i quali il famoso Castel del Monte in Puglia. Con la morte di Federico II, avvenuta improvvisamente nel 1250, cessò la dinastia degli Hohenstaufen, ma la contestazione contro la chiesa fu ripresa da Manfredi, Re di Sicilia, figlio naturale di Federico II. Uno dei principali difensori dei diritti della chiesa fu Innocenzo III (1198-1216). che portò il papato alla massima potenza. Nella Tuscia individuò nella rocca di Montefiascone il luogo più idoneo per istallarvi il Rettore del Patrimonio di San Pietro in Tuscia. Nel 1231 Gregorio IX istituì l'Inquisizione e l'affidò all'ordine dei Domenicani. Ai sottili mezzi di persuasione si aggiunse il terrore, quando nel 1252 Innocenzo IV autorizzò l'Inquisizione all'uso della tortura.
MANFREDI (1250-1266) A causa della ribellione dei comuni, Il papato aveva perso il controllo dello Stato della Chiesa. Lo stesso papa Urbano IV, fu costretto a fuggire da Roma, divenuta libero comune. Nel 1261 si rifugiò a Viterbo ed Orvieto che lo ospitarono più per prestigio e convenienza economica che per sottomissione. Poiché era un papa francese non fu ben visto dai ghibellini, da lui considerati "scorpioni e serpenti velenosissimi", per cui finì rifugiarsi a Perugia. La politica di Urbano IV fu quella di costituire una propria base territoriale nella Tuscia, dalla quale recuperare Roma. Fece rinforzare la rocca di Montefiascone e, con guerre e trattative, recuperò Marta, Valentano e le due isole sul lago di Bolsena. La situazione politica era precaria, i ghibellini di tutta Italia facevano pressione su Manfredi, Re di Sicilia, affinché venisse a dare il colpo finale al traballante dominio della Chiesa e cingesse la corona d'Italia. Per contrastare Manfredi il Papa si rivolse alla corte di Francia, offrendo il regno di Manfredi a Carlo D'Angiò, fratello del Re di Francia. Fulminò i ghibellini con un diluvio di scomuniche ed inviò ai viterbesi lettere ricolme di blandizie, d'indulgenze e di mille benedizioni del cielo per ottenere il loro aiuto. I viterbesi si lasciarono convincere e decisero di prendere le armi in favore della Chiesa. Francesi e Viterbesi sconfissero le milizie saracene di Manfredi, ed i suoi sostenitori ghibellini. Nel frattempo Urbano IV morì, ma i suoi successori poterono rientrare a Roma da vincitori.
TRASFERIMENTO DEL PAPA AD AVIGNONE (1305) Nel 1268 i cardinali si riunirono nel Palazzo dei Papi a Viterbo per eleggere un nuovo papa. Alcuni volevano un papa francese, altri un italiano. Filippo III Re di Francia, suo fratello Carlo d'Angiò, ed il Principe Enrico di Cornovaglia vennero personalmente a Viterbo per sollecitare l'elezione. Il Principe di Cornovaglia fu assassinato durante la messa nella chiesa di S. Silvestro (ora del Gesù) per motivi personali. I mesi passavano senza che i cardinali raggiungessero un accordo. Furono chiusi a chiave (clausi cum clave) dentro il palazzo con la minaccia che ne sarebbero usciti solo ad elezione compiuta. Perdurando la situazione di stallo, la popolazione scoperchiò il tetto e razionò loro il cibo. Finalmente, dopo quasi tre anni dall'inizio del conclave, fu eletto l'italiano Gregorio X. Seguirono altri papi che ebbero vita breve. Fra questi l'italiano Nicolò III Orsini, che fu molto attivo nel far arricchire i propri congiunti Nel 1305 il re di Francia, con mille intrighi, fece nominare a Viterbo un papa francese, subordinato alla sua politica. Non venne in Italia, neppure in occasione del conclave, si stabilì ad Avignone dove fece trasferire tutta la corte pontificia.
UNA SUCCESSIONE DI EVENTI CALAMITOSI (1310 - 1348) L'autorità della Chiesa nel Patrimonio era rappresentata dai Rettori, i quali, essendo francesi, di null'altro si interessavano che accumulare denaro ed esercitare una dittatura vessatoria. Mancando il papa, i ghibellini, fra i quali Dante Alighieri, si animarono di nuove speranze. . Accolsero con entusiasmo l'Imperatore Enrico VII di Lussemburgo, che nel 1310 scese il Italia con un forte esercito, ma poco a sud di Siena si ammalò e morì. I suoi soldati sospettarono che fosse stato avvelenato da un frate, per cui fecero una strage di frati. Con la morte di Enrico VII, tramontò definitivamente il sogno ghibellino di costituire un'Italia unita e laica. Nel 1326 scese a Roma Ludovico il Bavaro, che voleva essere nominato imperatore in San Pietro. A tal fine, elesse quale antipapa un personaggio che 25 anni prima schiaffeggiò Papa Bonifacio VIII ad Anagni, dietro istigazione del Re di Francia, Filippo il Bello. Il Bavaro fece grandi distruzioni nella Tuscia, ma lungo la via del ritorno in Germania subì pesanti sconfitte a Firenze e Milano. Nel 1348 scoppiò un'epidemia di peste, che si manifestò con bubboni neri fra le ascelle e l'inguine. Con decorso fulmineo spacciava le persone in tre giorni. Ad Orvieto Viterbo e Firenze morirono tre quarti degli abitanti. I nobili tentarono di salvarsi, rifugiandosi in località montane isolate. Fu durante questa epidemia che Boccaccio, rifugiato a Fiesole, scrisse il Decamerone. Orvieto e Viterbo rimasero così spopolate che dovettero richiamare i superstiti dalle località circostanti che, rimaste abbandonate, caddero in rovina.
RITORNO A ROMA DEL PAPA (1352 - 1367) Approfittando dell'assenza del papa, stabilitosi ad Avignone, Viterbo, con a Prefetto il ghibellino Di Vico, allargò i possedimenti comunali a danno della Chiesa, portando al culmine le sue conquiste con l'occupazione di Orvieto. Nel 1352, fu eletto papa Innocenzo VI, uomo energico, di tempra austera, che decise di domare i ribelli e riportare a Roma la sede pontificia. Inviò a Montefiascone il Cardinale Egidio Alvarez Albornoz, uno spagnolo più soldato che prete, che aveva combattuto a fianco del re di Castiglia. Si alleò con alcune famiglie locali, fedeli alla Chiesa, i Farnese e gli Orsini e, per un breve periodo ebbe a disposizione da parte dei Romani 10.000 uomini "per il grand'animo che avevano di far danno a Viterbo". Il Prefetto di Vico dovette arrendersi. Prostrato alle ginocchia del Cardinale fece rinunzia alle terre conquistate e pubblicamente confessò la sua fellonia, giurando di mantenersi fedele alla Chiesa. L'Albornoz, dopo averlo umiliato lasciandolo lungamente genuflesso, lo ammonì severamente, quindi pronunciò la sentenza di assoluzione. L'Albornoz poté allora sfruttare in pieno la sua vittoria: abolì le milizie cittadine, soppresse le costituzioni repubblicane dei comuni, ai magistrati eletti dal popolo sostituì ufficiali ecclesiastici. A Orvieto e Viterbo, quale potente affermazione della sovranità della Chiesa, fece costruire robustissime rocche. I pontefici, dopo due secoli di mal celata avversità nei confronti dei comuni, potevano liberamente dominare nelle province del Patrimonio. Nel 1367 papa Urbano V fece il suo ingresso solenne a Roma. La Chiesa aveva vinto.
LO SCISMA (1378-1417) Al papa francese Urbano V ed alla sua corte, pareva che il suolo di Roma bruciasse sotto i piedi. Abitò a lungo nella rocca di Montefiascone, poi decise di tornare ad Avignone, nonostante gli appelli dei Guelfi, fra i quali il Petrarca. Dopo la sua morte, il collegio cardinalizio, riunitosi nel 1377 a Roma, composto in massima parte da francesi, dietro le pressioni tumultuose dei romani, si assoggettò a nominare un papa italiano: Urbano VI. L'anno dopo i cardinali ritrattarono l'elezione di Urbano VI ed elessero l'antipapa Clemente VII. Esplose così il grande scisma d'occidente, e per 40 anni non si seppe più quale fosse il papa legittimo. L'antagonismo religioso fra papa e antipapa degenerò ben preso in guerra civile. Urbano VI aveva dalla sua parte molte città dello Stato della Chiesa e la repubblica di Siena. Clemente VII, stabilitosi ad Anagni, poco a sud di Roma, aveva al suo servizio un esercito di mercenari brettoni ed i viterbesi, capitanati dal figlio del defunto prefetto Di Vico. L'antipapa francese si rifugiò per sicurezza presso la regina Giovanna di Napoli, per cui il papa romano le mosse guerra. Approfittando dell'assenza dell'esercito papalino, impegnato contro Napoli, Di Vico riconquistò nuovamente tutto lo Stato della Chiesa. Dopo alterne e complicate vicende il papa romano, fece pace con la regina Giovanna e, con l'aiuto degli Orsini, ricuperò lo Stato della Chiesa. Il di Vico fu ucciso, mentre l'antipapa francese con la sua corte si trasferì da Napoli ad Avignone. Successivamente lo scisma si aggravò perché i cardinali di parte italiana elessero un terzo pontefice. La cristianità dovette assistere allo spettacolo di tre papi che si scomunicavano l'uno contro l'altro in nome di Cristo, che ognuno pretendeva di rappresentare. Nel 1410 Adriano V fu avvelenato dal cardinale Cossa, che gli succedette. I tre pontefici indissero concili sopra concili che a nulla approdarono. Ricorsero infine alle armi. Dopo sanguinose battaglie e 40 anni di scandali, il Concilio di Costanza, nel 1417, risolse lo scisma ed elesse papa Martino V. Il suo insediamento a Roma non era però momentaneamente possibile perché durante lo scisma la Chiesa aveva perduto ogni autorità nel suo Stato. Con lo spegnersi delle libertà comunali, l'arte della milizia era divenuta un mestiere, e gente di ogni fede accorreva sotto le bandiere di questo o quel capitano, da cui poteva trarre il maggior profitto. Nella Tuscia i più famosi capitani di ventura furono Braccio da Montone ed il Tartaglia, Signore di Tuscania. Questi mercenari avevano stretto fra loro alleanza e davano segno di impossessarsi dell'intero patrimonio. Martino V, mediante onerose trattative, riuscì a ricuperare il Patrimonio. La regina Giovanna, per troncare i dissensi, accettò di adottare come figlio Luigi d'Angiò, destinandolo erede del trono del regno di Napoli. Braccio di Montone se ne andò in Umbria, il Tartaglia fu decapitato. Martino V entrò solennemente a Roma nel 1420. LA GUERRA CON IL DUCATO DI MILANO (1433 - 1443) Dopo Martino V fu eletto pontefice Eugenio IV di nobile famiglia veneziana. Tra la famiglia del defunto pontefice e di quello nuovo divamparono inimicizie che causarono una nuova guerra. Altre sciagure funestarono lo Stato della Chiesa: Nel 1433 il Visconti, duca di Milano, dichiarò guerra al papa ed inviò un esercito al comando del capitano Francesco Sforza. Eugenio IV, non avendo modo di contrastare lo Sforza, lo assunse in qualità di generale dell'esercito pontificio. A causa di questo voltafaccia, il Visconti si irritò ulteriormente e fece sobillare i romani che costrinsero il papa a fuggire a Firenze. Fra i vari personaggi che si allearono al Visconti apparve anche un altro di Vico. Il papa affidò l'incarico di recuperare il Patrimonio al vescovo Vitelleschi che riconquistò Roma, depose lo Sforza, catturò il di Vico e lo fece decapitare. Ebbe così fine la famiglia dei di Vico che tanto filo da torcere aveva dato alla Chiesa. Nel 1443, essendo cessato ogni rumore di guerra, il papa lasciò Firenze per tornare alla tanto sospirata Roma. A testimonianza di quel periodo è rimasto ad Onano il palazzo Sforza.
I PAPI DEL RINASCIMENTO (sec. XV –XVI) Nel 1453 un'inaspettata notizia sconvolse l'Europa: Maometto II era entrato in Costantinopoli "passando sui cadaveri di 50.000 cristiani", dando così fine all'Impero Romano d'Oriente. Il pericolo d'invasione in Europa divenne concreto. Molti artisti, filosofi, e letterati fuggiti da Costantinopoli, si rifugiarono in Italia, particolarmente a Firenze, dove furono ben accolti dalla corte dei Medici. La loro cultura di matrice greca incise successivamente sullo sviluppo dell'Umanesimo e del Rinascimento. In quel periodo vissero grandissimi artisti ed architetti: Brunelleschi, Michelangelo, Palladio, Bramante, Donatello, Cellini, Masaccio, Pier della Francesca, Botticelli, Mantegna, Leonardo, Tiziano, il politico Machiavelli e tanti altri, che illuminarono la cultura italiana. Il grande merito dei papi del Rinascimento fu quello di essere generosi mecenati delle lettere e delle arti, in gara con le corti di Firenze, Milano, Ferrara, Napoli e Urbino. Quali portatori del messaggio cristiano, questi papi furono invece un vero disastro per la Chiesa, tanto che il loro operato immorale fu la causa della riforma e del protestantesimo. Nel 1492 il conclave elesse papa Rodrigo Borgia che assunse il nome di Alessandro VI. I cardinali avevano ceduto ad una corruzione senza pudore, fatta di oro, promesse, e lusinghe. Tutti erano a cognizione che il Borgia, quando era cardinale, aveva avuto cinque figli, fra i quali i famosi Lucrezia e Cesare, e si sapeva che negli ultimi tempi aveva per amante la giovane Giulia Farnese, sposa di Orsino Orsini, dalla quale aveva avuto una figlia. Pochi mesi dopo la sua elezione, non ebbe ritegno a nominare cardinale suo figlio naturale Cesare, ed a nominare cardinale Alessandro Farnese, che allora aveva 26 anni, in quanto fratello di Giulia. A questo proposito l'ambasciatore veneto riferì al suo senato "la promozione a cardinale di Alessandro Farnese non fu onesta, essendo preceduta da causa oscena". Di questi commenti, poco si curava il papa, e tanto meno il clero di Roma, che aveva gli stessi costumi. Riferisce uno storico "in certi conventi, far prendere il velo ad una giovinetta era come votarla alla prostituzione". A turbare i piacevoli ozi di Papa Borgia e della sua corte fu Carlo VIII di Francia che, contro il volere del papa, pretendeva il trono di Napoli. Scese in Italia con un potente esercito e conquistò vari castelli, incluso Viterbo. L'esercito napoletano che doveva difendere Roma si arrese. Si costituì allora un esercito confederato al quale parteciparono Milano, Venezia, Spagna e Germania. Carlo VIII per paura che gli tagliassero il ritorno si affrettò a rientrare in Francia. Lungo il percorso Tuscania, che rifiutò di ospitarlo, fu distrutta con ferocia. Carlo VIII, sconfitto dai confederati, concluse miseramente la sua ambiziosa spedizione con la distruzione del suo esercito ed il dissesto delle finanze. Venne anche l'ora del Borgia. Volendo avvelenare un cardinale ad una colazione in suo onore, bevve il vino destinato a questo e ne morì. Anche il figlio Cesare bevve quel vino, ma si salvò, se pure a stento.
LA RIFORMA (dal 1510) Nel 1510 venne a Roma Martin Lutero, che credeva di trovarvi il "centro vivente della Cristianità". Vi trovò invece la Roma dei Borgia. Tornò nella Germania natale con grande odio verso il clero simoniaco e i suoi cardinali senza fede e senza morale. Fra l'altro era in costruzione la basilica di San Pietro, le cui ingenti spese venivano coperte con le "indulgenze" ossia la riduzione, dietro pagamento, delle pene del purgatorio, non solo per viventi, ma anche per i loro defunti. La richiesta di moralizzazione era grande. A Firenze, Savonarola venne per questo accusato di eresia e bruciato vivo. Nell'Europa centrale si moltiplicarono i problemi della Chiesa, a causa delle lotte di religione fomentate da Lutero, Calvino e Zwingli, che furono gli artefici della Riforma e che gettarono le basi del protestantesimo. Sanguinose guerre di religione divamparono in Francia e nell'Impero. Tutto questo avveniva nel corso di un grande cambiamento della dimensione politica di alcuni stati, che da europea divenne mondiale. Dopo la scoperta dell'America di Cristoforo Colombo e le coraggiose imprese marinare di Magellano, Vasco de Gama, Vasco Nunez, portoghesi, spagnoli, inglesi e olandesi si lanciarono con le loro navi, ormai ben dotate di armi da fuoco, alla conquista dell'America, dell'Africa e dell'Asia. La Spagna trasse dalle colonie immense ricchezze, esercitando, grazie a queste, un enorme potere ponendosi fra l'altro alla testa della lotta contro i "mori". Nel 1571 la flotta cristiana distrusse a Lepanto quella maomettana, interrompendo così il dominio arabo nel Mediterraneo. Francia e Germania, in mancanza di una flotta oceanica, continuarono le loro interminabili contese per impossessarsi dell'Italia. Nel 1527 l'Imperatore Carlo V di Germania occupò Roma e fece prigioniero il papa, ma dovette rilasciarlo per la pressione degli stati cattolici.
PAOLO III FARNESE (1534 – 1549) Nel 1534, dopo la morte di Clemente VII, fu eletto papa, all'età di 67 anni, il cardinale Alessandro Farnese, che assunse il nome di Paolo III. Anche lui fu un grande mecenate del Rinascimento. Abbellì Roma. completò la basilica di San Pietro, costruì la cappella Paolina, palazzo Farnese e il Campidoglio. Nella Tuscia, assieme a suo nipote cardinale Alessandro, fece costruire e restaurare palazzi a Gradoli, Capranica, Capodimonte ed altri minori. Paolo III, al fine di arginare il moto della riforma ed e riconquistare i paesi passati al protestantesimo, si rese promotore della controriforma cattolica, convocando nel 1545 il Concilio di Trento, nel corso del quale furono prese importanti decisioni in campo morale, disciplinare, culturale e politico. Approvò la creazione dell'Ordine dei Gesuiti, fondato da Ignazio di Loyola, che divenne poi lo strumento più efficace e zelante della Chiesa. L'Inquisizione fu rafforzata, particolarmente in Spagna. Paolo III fu un papa risoluto ed apprezzato, ma fu anche affetto da un nepotismo a dir poco sfacciato. Durante la sua carriera cardinalizia ebbe quattro figli, due dei quali morirono giovani: rimasero Pier Luigi e Costanza. che fece riconoscere come legittimi e si adoperò per assicurare loro un avvenire di grandezza. Costanza andò sposa con un Orsini di Pitigliano. Paolo III, per dare un ducato al figlio, creò appositamente il ducato di Castro, costituito da oltre trenta paesi ubicati nella striscia di territorio fra il lago di Bolsena ed il mar Tirreno, lungo l'attuale confine con le Toscana. Molti di questi paesi portano ancora il nome di quel ducato (Montalto di Castro, Ischia di Castro, Grotte di Castro, ecc.). Furono esclusi Latera e Farnese, che vennero assegnati a un altro parente, Galeazzo Farnese, anche lui elevato per l'occasione alla dignità di Duca. Montefiascone rifiutò di aderire al ducato perché volle rimanere alle dirette dipendenze del papa. Castro fu scelta per capitale. Per trasformare l'antico borgo medioevale in una capitale che sottolineasse la grandezza e la potenza dei Farnese, affidò il progetto ad Antonio da Sangallo il Giovane. I frenetici lavori cessarono quando, nel 1545, Paolo III riuscì a nominare Pier Luigi duca di Parma e Piacenza. Castro divenne allora una dipendenza di quel più prestigioso ducato. Pier Luigi era un depravato le cui azioni libidinose ed i lussi sfrenati venivano perdonati dal papa come "leggerezze giovanili", giustificazione che non convinse i nobili di Parma che lo fecero assassinare a coltellate nel 1547. Pier Luigi lasciò quattro figli ben diversi da lui: Ottavio, che Paolo III nominò subito successore del ducato di Parma e Piacenza, Alessandro, che divenne un insigne cardinale, Orazio, che fu nominato duca di Castro ed il giovane Ranuccio, che il buon papa, dimentico delle riforme della Chiesa da lui stesso proposte, non ebbe scrupolo ad eleggerlo cardinale e vescovo di Napoli, quando aveva appena 15 anni. Paolo III cessò di vivere nel 1549.
IL DUCATO DI PARMA E PIACENZA (1545 – 1731)) Orazio ebbe breve vita per cui il ducato di Castro tornò alla dipendenza del Ducato di Parma e Piacenza. Nel corso di un secolo, alla guida dei due ducati si succedettero di padre in figlio: Orazio, Alessandro, Ranuccio I, Odoardo e Ranuccio II. I Farnese, per mantenere la loro immagine di ricchezza e di potenza, si erano fortemente indebitati con la Camera Apostolica, garantendo il debito con il ducato di Castro. La Chiesa era ben felice di concedere prestiti nella speranza che non venissero onorati e potersi quindi rivalere annettendosi il Ducato. Ed infatti le scadenze non vennero onorate. Nel 1641 papa Urbano VIII Barberini, al rifiuto di Odoardo di consegnare Castro, reclutò 10.000 uomini che mossero alla conquista dei possedimenti castrensi. Dopo aver occupato il ducato, le truppe papaline, rinforzate con altri 10.000 uomini, procedettero verso Parma. In aiuto dei Farnese intervennero Venezia, Modena e la Toscana che misero insieme un cospicuo esercito. Con un colpo di fortuna, Odoardo al comando di soli 3000 cavalieri disperse, se pure temporaneamente, i 20.000 papalini. La guerra assunse in seguito ben più vaste proporzioni, dissanguando l'erario di tutti i contendenti. Nel 1644 intervenne quale mediatore il re di Francia che obbligò la Chiesa a restituire Castro ai Farnese. Nello stesso anno Urbano VIII morì, succeduto da Innocenzo X Panphili. Nel 1646 anche Odoardo passò al mondo dei più, lasciando al figlio sedicenne, Ranuccio II, un'eredità fatta più di debiti che di beni patrimoniali.
LA DISTRUZIONE DI CASTRO (1649) Sembrò che il giovane duca fosse disposto a cedere Castro per chiudere i conti con la Camera Apostolica, ma avvenne un dissidio sulla nomina del Vescovo di Castro. Quello proposto dalla Chiesa venne ucciso in un agguato nel 1649, mentre era in viaggio per prendere possesso della sede vescovile. Innocenzo X inviò allora un esercito per conquistare Castro ed un altro verso Parma. per fermare gli aiuti inviati da Ranuccio II, che furono sconfitti nei pressi di Bologna. Francia, Spagna e principi italiani si guardarono bene dall'intervenire in aiuto dei Farnese, come avevano fatto pochi anni prima, per cui la città di Castro, perduta ogni speranza di ricevere aiuto e stremata dall'assedio si arrese all'esercito di Papa Panphili nel 1649. In Europa era esplosa nel 1618 la violentissima guerra di religione detta "dei trent'anni", che causò, milioni di vittime. Si concluse nel 1648 con il trattato di Westfalia, che fece perdere all Chiesa gran parte dei suoi poteri in Europa. Può darsi che il particolare accanimento contro Castro fosse influenzata dal momento particolarmente negativo per la Chiesa ma, secondo gli storici, fu piuttosto una faccenda privata fra le famiglie Farnese e Panphili. Innocenzo X era influenzato dai parenti e dalla cognata, Donna Olimpia Maidalchini, la quale era una donna avida ed intrigante, che nutriva profonda avversione nei confronti dei Farnese. Fu lei a pretendere che Castro fosse cancellata dalla faccia della terra. Il suo folle, spietato desiderio venne esaudito fino alle estreme conseguenze. Innocenzo X, ordinò la demolizione di Castro, anche se ormai la città era di proprietà della Chiesa. Più di mille uomini aggredirono strade ed abitazioni con picconi, pale e carriole per ridurle in macerie di piccole dimensioni, in modo che fosse impossibile ogni loro riutilizzo. Sulle macerie fu eretto un marmo con la scritta "Qui fu Castro". I Farnese si estinsero nel 1731, il ducato di Parma passò a Don Carlo di Borbone, che poi divenne Re delle Due Sicilie. Molte opere d'arte che appartennero ai Farnese si trovano ora nella reggia di Napoli. Con la distruzione del Ducato di Castro si conclude questa nostra breve storia della Tuscia.
EVENTI SUCCESSIVI Napoleone pose fine al potere imperiale degli Asburgo ed al potere temporale dei papi nel 1809. Questi furono ripristinati nel 1815 dal Congresso di Vienna. Nel 1870 l'esercito dei Savoia entrò in Roma e pose definitivamente fine al potere temporale dei papi. Da allora Roma è capitale d'Italia. |